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LA PICCOZZA (Pascoli)
Da me!... Non quando m'avviai trepido c'era una madre che nel mio zaino ponesse due pani
per il solitario domani. n� caro capo chino su l'omero a lungo, n� voce
pregante, n� segno di croce. fuggivo gli occhi prossimi, subito, o madre, accorato
che niuno m'avesse guardato. per l'erta mossi rompendo ai triboli i piedi e la mano,
piangendo, s�, forse, ma
piano: con il suo pianto grande il mio piccolo, e quando il mio lutto
spariva nell'ombra del
Tutto. mi sorreggesse, n� orme ch'abili io nuovo seguissi
su l'orlo d'esanimi abissi. delle compagne grida. Silenzio. N� cupi sconforti
non voce, che voci di morti. con la piccozza d'acciar ceruleo, su lento, su anelo,
su sempre; spezzandoti, o
gelo! da me la scala, tacito, assiduo; nel gelo che spezzo,
scavandomi il fine ed il
mezzo. per udir crosci di mani, simili a ghiaia che frangano,
io, io, che sentii la
valanga; sul puro limpido culmine, o uomini; in alto,
pur umile: � il monte ch'�
alto; ma per morire dove me placido immerso nell'alga
vermiglia ritrovi chi salga: la mia piccozza d'acciar ceruleo, che, al suolo a me scorsa, riflette le stelle dell'Orsa. La Piccozza � una poesia scritta da Giovanni Pascoli nel 1900, in occasione delle nozze di Margherita Codronchi Argeli, figlia del conte Giovanni Codronchi Argeli, ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo Di Rudin�. L'origine occasionale e l'intento encomiastico del componimento per� vengono declinati di fatto in termini intensamente autoriflessivi: la difficoltosa ascesa al monte rappresenta con trasparente evidenza il travagliato percorso del Pascoli come uomo e come letterato. Come senza una guida, col solo aiuto della sua piccozza lo scalatore perviene alla cima, cos� il poeta s�� incamminato da solo per la sua via,vincendo tutte le difficolt� dell�ascesa, raggiungendo la meta solo con la volont� e le sue energie morali. Da me- dice Pascoli- senza aiuto ho iniziato l�ascesa.E tu ,madre, non mi eri vicina per consolare il mio pianto!Solo affrontai le tribolazioni; e piansi, ma il mio dolore tanto grande spariva nel dolore universale. Salii senza aiuti, nessuno dei viventi era con me, solo i morti m�incoraggiavano nell�ascesa, ma proseguii attingendo forza al mio cuore. E ancora salgo in alto spezzando il gelo attorno a me: salgo per conquistare una meta pi� alta, non per raccogliere onori alla mia discesa; per rimanere nella purezza della cima conquistata, umile tuttavia, poich� l�altezza � del monte, cio� dell�arte non dell�uomo. E l�, guidato dal bagliore della mia piccozza fuggitami di mano, ritrover� me caduto presso la vetta chi, salito dopo di me, si sentir� dal mio esempio incitato a salire sempre di pi�.
Strofe di quattro versi, dei quali due endecasillabi sdruccioli, seguiti da un senario e da un novenario piani a rima baciata; rime ABCC. |
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