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VINCENZO MONTI
PENSIERI D'AMORE
Oh se lontano dalle ree cittadi
in solitario lido i giorni miei
teco, mi fosse trapassar concesso!
Oh se mel fosse! Tu sorella e sposa,
tu mia ricchezza, mia grandezza e regno,
tu mi saresti il ciel, la terra e tutto.
Io ne' tuoi sguardi e tu ne' miei felice,
come di schietto rivo onda soave
scorrer gli anni vedremo, e fonte in noi
di perenne gioir f�ra la vita.
Poi, quando al fine dell'etade il gelo
de' sensi avrebbe il primo ardor gi� spento,
e in fuga si vedrian volti i diletti
all'apparir delle canute chiome,
amor darebbe all'amistade il loco;
dolce amistade, che dal caldo cenere
delle passate fiamme altra farebbe
germogliar tenerezza, altri contenti.
Oh contenti! oh speranze!... Un importuno
fremer di vento mi riscosse, e tutta
sparve col mio delirio anche la gioia.
PER L'ONOMASTICO DELLA SUA DONNA
Donna, dell'alma mia parte pi� cara,
perch� muta in pensoso atto mi guati
e di segrete stille
rugiadose si fan le tue pupille?
Di quel silenzio, di quel pianto intendo,
o mia diletta, la cagion. L'eccesso
dei miei mali ti toglie
la favella, e discioglie
in lagrime furtive il tuo dolore.
Ma datti pace, e il core
ad un pensier solleva
di me pi� degno e della forte insieme
anima tua. La stella
del viver mio s'appressa
al suo tramonto: ma sperar ti giovi,
che tutto io non morr�: pensa che un nome
non oscuro io ti lascio, e tal che un giorno
fra le italiche donne
ti fia bel vanto il dire: Io fui l'amore
del cantor di Bassville,
del cantor che di care itale note
vest� l'ira d'Achille,
Soave rimembranza ancor ti fia,
che ogni spirto gentile
ai miei casi compianse (e fra l'Ins�bri
quale � lo spirto che gentil non sia?).
Ma con ci� tutto nella mente poni,
che cerca un lungo sofferir chi cerca
lungo corso di vita. Oh mia Teresa,
e tu del pari sventurata e cara
mia figlia! Oh voi, che sole d'alcun dolce
temprate il molto amaro
di mia trista esistenza, egli andr� poco
che nell'eterno sonno, lagrimando,
gli occhi miei chiuderete! Ma sia breve
per mia cagione il lagrimar: ch� nulla,
fuor che il vostro dolor, fia che mi gravi
nel partirmi da questo,
troppo ai buoni funesto,
mortal soggiorno, in cui
cos� corte le gioie e cos� lunghe
vivon le pene: ove per dura prova
gi� non � bello il rimaner, ma bello
l`uscirne e far presto tragitto a quello
dei ben vissuti a cui sospiro. E quivi
di te memore, e fatto
cigno immortal (ch� dei poeti in cielo
l'arte � pregio e non colpa) il tuo fedele,
adorata mia donna,
t'aspetter� cantando,
finch� tu giunga, le tue lodi; e molto
de' tuoi cari costumi
parler� co' Celesti, e dir� quanta
fu verso il miserando tuo consorte
la tua pietade; e l'anime beate,
di tua virtude innamorate, a Dio
pregheranno che lieti e ognor sereni
sieno i tuoi giorni, e quelli
dei dolci amici che ne fan corona:
principalmente i tuoi, mio generoso
ospite amato, che verace fede
ne fai del detto antico,
che ritrova un tesoro
chi ritrova un amico.