Il VII canto è composto da 130 versi endecasillabi divisi in
terzine tutte legate tra loro da intricate rime ed
allitterazioni incrociate.
Il linguaggio utilizzato è il volgare fiorentino del 1300 che, unito
allo stile poetico dell’opera, rende spesso molto complessa la
lettura. A questo proposito ho trovato molti termini aulici come
“strupo” (violenza), “scipa” (strazia), “soperchio” (eccesso),
“belletta” (fanghiglia) e molte altre ancora.
È particolare l’uso di molte rime in cui compaiono consonanze dure,
ad esempio sozzi-cozzi-mozzi, oppure
strozza-pozza-mezzo-ingozza-sezzo.
Le figure retoriche utilizzate sono le seguenti:
- ALLITTERAZIONE: “Così tornavan per lo cerchio tetro” (v. 31)
“Tristi fummo ne
l’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidïoso
fummo: or ci attristiam
ne la belletta negra. Quest’inno si gorgoglian
ne la
strozza, ché dir
nol posson con parola integra” (vv. 121-126)
- ONOMATOPEA: “gorgoglian” (v. 125)
- METONIMIA: “ontoso metro" (v. 33) = sta per parolaccia.
- ENUMERAZIONE: “Queste si percotean non pur con mano, ma con
la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co’ denti a
brano a brano” (vv. 112-114) = polisindeto e climax
ascendente.
“questa provede, giudica, e
persegue” (v. 86) = asindeto e climax ascendente
- SIMILITUDINE: “Quali dal vento le gonfiate vele caggiono
avvolte, poi che l’alber fiacca, tal
cadde a terra la fiera
crudele” (vv. 13-15)
“Come fa l’onda là sovra
Cariddi, che si frange con quella in cui s’intoppa, così
convien che qui la gente
riddi” (vv. 22-24)
- sineddoche infiata labbia (v-7)
-Sincope cerci per chierici (v -38)