Andato via
giovanissimo da Arezzo, dove era nato il 19 aprile 1492, in circostanze mai
chiarite, andò a Perugia come apprendista pittore , poi a Roma, Firenze,
Reggio, di nuovo Roma, definitivamente a Venezia dove scrisse alcune delle opere
maggiori, tra cui i "maledetti"
Ragionamenti. Ebbe rapporti non sempre facili con i potenti della
terra, ottenne enormi ricchezze, fama di intrigante, pennivendolo, genio della
penna al servizio di chi pagava di più, qualche coltellata. Modello di
intellettuale rinascimentale, fece della letteratura mestiere, inventò il libro
come oggetto intellettuale e commerciale, strumento di potere. Le sue opere
furono più volte bruciate dai cattolici, condannato come osceno fino
all'ottocento, costretto a una circolazione clandestina dopo la morte, e a una
valutazione riduttiva. Iniziò con esercizi poetici di carattere petrarchesco
(Opera nova, 1512), divenne famoso a Roma con le Pasquinate, sonetti satirici
che richiamavano nel nome le anonime proteste anticuriali che si usava affiggere
sul torso marmoreo del Pasquino, presso piazza Navona. Allo stesso periodo
appartengono le prime commedie, Farza e La
cortigiana (1925). "La Cortigiana" è una commedia in 5 atti, in
prosa, ambientata nella Roma antecedente al sacco (1527). E' un tessuto di
battute e trovate che si regge sul filo delle burle. La burla ai danni dello
stolto senese Messer Maco da Coe, giunto a Roma per diventare cortigiano. La
burla giocata a Parabolano, giovane signore napoletano, acceso petrarchescamente
d'amore per Laura, gentildonna romana. Maco, capitato nelle mani di Maestro
Andrea, è sottoposto, con la scusa di farlo diventare perfetto cortigiano, a
mille angherie. Parabolano è invece raggirato dal servo Rosso che, dopo aver
tolto di mezzo l'onesto servo Valerio, finge di avergli combinato un convegno
con Laura, ma gli fa trovare, con l'aiuto di Aloigia, mezzana e fattucchiera,
Togna fornaia inseguita dal geloso Ercolano, suo marito. Pietro fece poi
un'altra versione, nel 1534, più conforme al gusto letterario del tempo.
Nel 1526 illustrò nei Sonetti lussuriosi le
incisioni erotiche di M. Raimondi e fu fatto segno di un attentato, ispirato
dal datario pontificio G.M. Giberti, e costretto alla fuga. Si rifugiò allora
presso l'amico protettore Giovanni dalle Bande Nere; alla sua morte si trasferì
a Venezia. Qui divenne critico d'arte famoso e ascoltato, libellista temuto per
la spregiudicatezza con cui usava le armi della diffamazione e del ricatto,
amico di Pietro Bembo, di Tiziano, protetto da Francesco I e da Carlo V.
Il ricchissimo epistolario è una vera ribalta
personale, in cui l'autore si esibisce come scrittore capace di toccare le corde
più varie, stilistiche morali e sentimentali. Se la sua tragedia in versi Orazia
è considerata la migliore tragedia del secolo, la sua fama è però legata ai
celebri dialoghi delle prostitute: "Ragionamento della Nanna e dell'Antonia"
(1534) e "Dialogo nel quale la Nanna insegna a la Pippa" (1536), poi indicato
con il titolo unitario di Ragionamenti (ma, anche, "Dialogo", "Sei giornate"
ecc.). In queste pagine l'espressionismo dissacrante esaspera le risorse del
parlato fino ai limiti della deformazione parodistica. Nel "Ragionamento" Nanna,
sollecitata da Antonia, rivive le vicende che l'hanno vista giovanissima monaca,
la sua iniziazione sessuale in conformità ai costumi di gran parte delle
monache; la madre la tolse poi dal convento, la maritò a un uomo ricco ma poco
accorto; Nanna si sofferma sui tradimenti delle mogli in generale e sui suoi,
conclusi con l'uccisione del marito e la fuga a Roma; il suo ingresso nel mondo
cortigiano, l'inserimento progressivo, proposto a magistero ideale, nell'élite
puttanesca. Esce di scena Antonia, entra Pippa, figlia di Nanna, che vuol
diventare cortigiana: il "Dialogo" tratta dei segreti di quest'arte:
discrezione, buone maniere, risolutezza; illustra le insidie degli uomini
emblematizzata nella parodia della vicenda di Didone e Enea. Alla fine la Comare
parla della ruffianìa e della accortezza su cui si fonda quest'arte
complementare a quella delle puttane. In Pietro è l'esigenza di essere
costantemente presente, di annullare ogni momento di pausa e di vuoto: di qui il
poligrafismo, la sperimentazione continua, la varietà di registro con
l'alternanza di comico, epico, osceno, religioso, laudatorio, ricattatorio. La
sua poetica, formulata nelle lettere e nei prologhi alle opere maggiori, è
quella anticlassicista del "ghiribizzo", del capriccio, l'ispirazione come
"furore", l'esaltazione del primato della natura e della sua imprevedibilità
rispetto alla fissità dei canoni estetici. La scrittura di Pietro non è
istintiva, ma possiede una stratificazione calcolata, gli effetti di naturalezza
sono costruiti su una fitta rete di riferimenti ad altre opere, di citazioni, di
calchi, in cui talvolta è la volontà di dissacrare i modelli del passato.
SUE OPERE
opere poetiche: I tre primi canti di Marfisa (1533)
L'Orlandino (1540) ;
opere teatrali: Il Marescalco (1527-30), commedia
La Cortegiana (1534, II redazione) Il filosofo (1546) Orazia (1546);
prose religiose: Salmi Passione di Gesù (1534)
Humanità di Cristo (1535) Genesi (1538 ) Vita di Caterina vergine e martire
(1540) ;