Pedagogisti: Johann Friedrich Herbart

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Johann Friedrich Herbart

(Oldenburg 1776 - Gottinga 1841)



Filosofo e pedagogista tedesco professore a Gottinga e a K�nigsberg.

 

Herbart, sul piano operativo, � arrivato a dire che, siccome l'idealismo non ha risolto alcuna contraddizione pratica, anche se ha elevato la contraddizione a principio ultimo della realt�, � bene che la filosofia assolva tale compito trasformandosi in psico-pedagogia.

In tal modo, Herbart, se ha capito l'astrattezza cui l'idealismo poteva portare, non ha per� capito che quella astrattezza era il frutto di una riflessione fatta sugli avvenimenti storici, non il passatempo di qualche docente sfaccendato.

Ecco perch� occorreva una visione assai pi� complessa e globale della realt� per poter superare l'idealismo: una visione delle cose che partisse anzitutto dal fatto che la realt� su cui si vuole riflettere (la realt� sociale, economica, politica) necessita di un cambiamento reale, profondo, tale per cui la sola attivit� del pensiero, speculativa, non � di per s� sufficiente, e neppure lo � l'attivit� psico-pedagogica, poich� essa, ad un certo punto, arriver� a scontrarsi con l'antagonismo sociale e politico che le impedir� di svilupparsi.

Significativo per� resta il fatto che dopo l'idealismo hegeliano, un filosofo che voglia restare idealista (si pensi ai concetti herbartiani di "anima" o di "reali"), deve andare a cercare al di fuori della metafisica o della logica in senso stretto (in questo caso nella psico-pedagogia) il terreno in cui impegnarsi.

Ancora pi� singolare � il fatto che alla psicologia metafisica di Herbart taluni critici facciano risalire l'inizio della psicologia scientifica. Essi forse si sono lasciati abbacinare dall'affermazione di Herbart secondo cui la vita dell'anima si svolge sulla base di rigide leggi meccaniche aventi valore universale? E' forse sufficiente "affermare" questo per costituire una scienza? Senza poi considerare il fatto che � assai poco scientifico ritenere che si possa fare della scienza solo in presenza di "rigide leggi meccaniche", interpretabili con i criteri della matematica.

La matematica ha svolto un curioso ruolo nell'ambito della filosofia idealistica: spesso � stata utilizzata in opposizione alla metafisica o per dare alla propria metafisica un riscontro concreto, quando tutte le filosofie anti-idealistiche non l'hanno mai considerata una scienza particolarmente utile. Il valore concesso alla matematica probabilmente va messo in rapporto all'involuzione dell'idealismo verso il soggettivismo. L'idealista cio� va a cercare nella matematica quella oggettivit� (formale, intellettuale) che non riesce a trovare nella vita sociale.

Herbart � l'esplicita testimonianza di quale incomprensione sia possibile fare oggetto l'idealismo hegeliano. La sua opposizione, che pretende d'essere "realistica", � in realt� molto pi� schematica dell'hegelismo, poich� rifiuta i principi fondamentali della dialettica, tornando a quelli aristotelici d'identit� e non-contraddizione. Tornare ad essere "ingenui" dopo Hegel significa diventare "stupidi".

Diversamente da Marx, Herbart non si accorse che l'idealismo � s� un'astrazione ma sopra un'esperienza in atto, quella del soggetto che vuole autodeterminarsi cercando un rapporto positivo con le istituzioni.

Sostenere la contraddittoriet� dell'esperienza, dopo l'hegelismo, non pu� significare essere pi� "concreti" o pi� "realisti", poich� l'idealismo voleva appunto rappresentare un tentativo di soluzione al problema della contraddizione sociale. Non � stato in fondo l'idealismo a scoprire che la contraddizione � il motore della storia?

Herbart inoltre non ha accettato la contraddizione sino in fondo, in tutta la sua drammaticit�, poich� chiunque circoscrive la propria azione nel perimetro dell'individuo singolo, non pu� sopportare a lungo il peso di certe contraddizioni. Il fatto stesso ch'egli abbia voluto paragonare l'essere umano a un ente materiale matematizzabile, lo dimostra. Herbart aveva il timore che la contraddittoriet� dell'io potesse impedire la formulazione di leggi scientifiche.

Egli credeva, sulla scia di Kant, che l'oggettivit� dell'io stesse in un ente noumenico, immutabile, semplice-semplice, che si pensa ma non si vede, che si vede solo indirettamente, attraverso le perturbazioni e le autoconservazioni che trasmette alla coscienza, ma che in sostanza non si capisce. Herbart non ha mai voluto analizzare i fenomeni della vita sociale e in questo sta il suo grande limite.

Limite imperdonabile, che si trova riflesso nel suo concetto di "inconscio", realt� ove finiscono le rappresentazioni opposte, mentre quelle "simili" o equivalenti meritano di affiorare alla coscienza. Ci si chiede: la vita di un individuo � forse la continua contemplazione della propria assoluta coerenza interiore o non � invece il tentativo di cogliere le contraddizioni per risolverle?

Per Herbart le contraddizioni sono cos� fastidiose ch'egli, per risolverle, pens� di attribuire all'inconscio il compito di contenerle senza farle emergere, almeno finch� la coscienza non � in grado di gestirle. L'inconscio non � che un mero strumento della coscienza, cos� come la psico-pedagogia non � che lo strumento in dotazione alla filosofia per smussare i contrasti della vita...

A Herbart sfugg� completamente l'idea che tra coscienza e inconscio vi sia spesso opposizione, anche violenta, tale per cui solo in presenza di profonde "rotture", di positivi ripensamenti, di forti crisi esistenziali e sociali, il rimosso torna alla luce (vedi la lezione freudiana).

Per Herbart la coscienza non attua mai dei meccanismi per cui certe idee (o rappresentazioni della realt�) ch'essa non vuole condividere, finiscono coattivamente nell'inconscio. Il processo anzi � inverso: alla coscienza emergono le idee pi� forti, che sono anche le pi� giuste, le pi� coerenti: le idee che la ragione pu� meglio condividere, perch� non eccessivamente contraddittorie. Le altre devono restare nell'inconscio, per tornare poi a bussare alla porta della coscienza quando le condizioni sono pi� favorevoli.

L'idea freudiana di "rimosso" non c'�, tanto meno la convinzione che talune idee rimosse nell'inconscio siano "migliori" di quelle accettate dalla coscienza (in questo senso anche Freud, che considera la libido l'unico elemento veramente positivo, andrebbe superato).

Herbart non ha fatto altro che applicare il kantismo alla psicologia e alla pedagogia, ma avendolo fatto dopo Hegel, il suo contributo resta insignificante.

 

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